Di riti e tradizioni ne è zeppo l’affascinante e variegato mondo del wedding e in questo articolo ne analizziamo uno davvero simpatico, originale e intriso di significati: il rito del piatto rotto al matrimonio. Questa tradizione è diffusa soprattutto in Sardegna e in alcune regioni del Sud, come la Campania, ed è ancora molto gettonata pur avendo origini antichissime.
La tradizione del piatto rotto è presa molto sul serio ed esiste un rituale ben preciso da rispettare nei minimi dettagli. In caso contrario i futuri sposi, invece di attrarre a sé fortune e gioie, rischiano di richiamare sciagure e sventure.
Rito del piatto rotto al matrimonio: in cosa consiste?
Partiamo dal rituale vero e proprio che, come specificato, deve essere portato a termine con grande attenzione senza tralasciare nulla.
Serve un piatto di ceramica, non necessariamente costoso, purché sia integro e non presenti scheggiature. All’interno devono essere presenti tutti i seguenti ingredienti: riso, sale, grano, caramelle, monete, uva passa, confetti, mandorle, coriandoli, foglie e petali. Sono elementi molto diversi tra di loro che richiamano proprio la varietà di un matrimonio e che rappresentano dolcezza, benessere e ricchezza.
Chi deve rompere il piatto al matrimonio? L’incaricata generalmente è la mamma della sposa, la nonna o una parente stretta. Il piatto va rotto dinanzi alla casa della sposa quando sta uscendo per recarsi in chiesa.
Quanto tutto è pronto l’incaricata deve sbattere energicamente il piatto a terra ed è fondamentale che si rompa in mille pezzi. La rottura del piatto indica la famiglia d’origine che va in frantumi e quindi augura alla sposa di non ritornare alla casa materna. Un augurio che lascia intendere una vita felice per gli sposi, che quindi non faranno più ritorno alla casa d’origine. Se il piatto non si è rotto del tutto quindi deve essere sbattuto nuovamente a terra.
Un ruolo importante ce l’hanno anche i bambini che, dopo la rottura del piatto, vengono “sguinzagliati” per raccogliere le caramelle e le monetine cadute. La loro presenza dà ulteriore brio al rituale ed evoca fertilità per la coppia.
A seconda dei paesi possono cambiare i posti e anche i momenti della giornata in cui mettere in atto il rituale. Si può rompere il piatto anche fuori la chiesa dopo il fatidico sì, oppure direttamente alla location dove è stato organizzato il ricevimento.
Il piatto può anche essere rotto lungo la strada dove passano gli sposi per salutare amici e parenti e i cocci non vanno assolutamente raccolti o spazzati via. Saranno gli agenti atmosferici, come il vento e la pioggia, a spazzarli via.
Le origini del piatto rotto: una vecchia tradizione per tenere lontani gli spiriti maligni
La tradizione del piatto rotto ha origini molto antiche che risalgono addirittura all’antica Grecia e che sono collegate a diverse leggende.
Secondo un’antica tradizione rompere un piatto di ceramica quando moriva una persona serviva a spezzare il ciclo della morte all’interno di una famiglia, augurando quindi fortuna e prosperità.
Secondo un altro racconto invece la rottura del piatto serviva ad allontanare gli spiriti maligni, che altrimenti sarebbero accorsi subito per rovinare un lieto evento. Un piatto rotto generalmente viene associato ad un evento nefasto, legato alla violenza e alla rabbia.
Gli spiriti maligni venivano così ingannati e raggirati poiché, immaginando che stesse accadendo qualcosa di brutto in quella casa, non si avvicinavano neanche. In realtà era solo un tranello per mascherare il lieto evento che si stava celebrando.
E ancora, sempre in Grecia, rompere un piatto significa apprezzare le prestazioni di un musicista o una danzatrice che allieta la festa. Il piatto rotto era la massima espressione in Grecia del “kefi”, cioè uno stato di euforia e di benessere per il corpo e l’anima.
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