(di Francesca Ferrara) – A Napoli, il vento dell’Est è arrivato e se n’è andato, lasciandosi dietro una scia di colori e profumi. Il Festival dell’Oriente, tenutosi alla Mostra d’Oltremare durante i primi due fine settimana di settembre, ha conquistato migliaia di visitatori. Noi di Fables ne abbiamo approfittato per realizzare il nostro personale viaggio. Con un kimono da cerimonia come corazza e una borsa capiente per arma, partiamo per la nostra avventura. L’accoglienza è delle migliori: dalla loro posizione di primo piano, i guerrieri di terracotta cinesi posano fieri e invitanti. I due sono pregevoli compagni di numerosissimi selfie. All’entrata della fiera, un elegante studio antropologico fotografico anticipa la mostra degli abiti tradizionali orientali, ovviamente siamo state attratte da quelli utilizzati per le cerimonie matrimoniali. La prima parte dell’immenso padiglione è dedicata proprio all’Estremo Oriente, una cultura che per quanto sia entrata a far parte del nostro abitudinario, rimane ricca di misterioso fascino. Pregiati bonsai, pitture a inchiostro e cerimonie del tè ci guidano a sud, verso la Thailandia.
Fiori, frutta fresca, massaggi e cibo dominano la scena. Ad attirare l’attenzione anche vetrine di bachi da seta, formiche rosse, grilli e coleotteri, esposti non per essere mangiati – non stavolta almeno -, ma per essere tastati. Superata la terra del sorriso, il Festival dell’Oriente si concentra in un’unica parola: buddhismo. Gli stand dell’Asia Centrale sono, nella maggior parte dei casi, dedicati all’aspetto mistico e meditativo: incensi, statue, monili e soprattutto campane. Un artigiano nepalese ci invita nel suo spazio, per farci ascoltare il suono delle sue campane fatte a mano. L’aria intorno a noi si riempie con quella melodia speciale. Un bimbo, che fatica ad addormentarsi a causa della confusione, crolla di colpo. Un’occasione assai propizia per l’artigiano, che orgogliosamente sottolinea il potere rilassante dei suoi strumenti. Colori e sapori frizzanti sono i padroni dell’area araba: è terribilmente difficile non affondare le mani nelle montagne di spezie in vendita, piuttosto invitanti, con la loro consistenza soffice e gli odori vivaci.
Due palchi interni arricchiscono la fiera con spettacoli di musica e danze, suggestivi e coinvolgenti. Piuttosto divertente anche tutto il filone Bollywood. L’evento più atteso è però l’Holi Festival: festa induista con la quale si celebra l’inizio della primavera, con il lancio di polveri colorate, ma è anche dedicata all’amore, alla sconfitta del male, alla gioia e al divertimento. La cerimonia coinvolge grandi e piccoli in un turbinio di vivaci sfumature, trasformando tutti i partecipanti in tavolozze viventi. Attraversata la nube di colori, ci trasferiamo nel secondo padiglione, dedicato allo yoga e alle arti meditative. Attratte da massaggi sapienti e intriganti, oli naturali e musiche terapeutiche, ci lasciamo trasportare nella dimensione spirituale, mentre un gong vibra suadente per restituire l’essenza fisica a quanti sperimentano l’ipnosi. Terminato il nostro viaggio quando è ormai buio, siamo tornate alla realtà più colorate ed entusiaste di quando eravamo partite. Il Festival dell’Oriente ha ripreso il suo cammino, la prossima tappa sarà a Padova.