Pizzi, crinoline o tessuti a contrasto che spuntano dagli abiti, parlano un linguaggio silenzioso ma chiarissimo. La mostra ‘Undressed: a brief history of underwear’, dal 16 aprile 2016 al 12 marzo 2017, al Victoria and Albert Museum di Londra, celebra la biancheria intima degli ultimi tre secoli. Anche le mutande, da donna e da uomo, hanno ora un posto d’onore. Come i reggiseni, le calze, i reggicalze, i corsetti, i body, gli slip, i pigiami, gli abiti da camera e le vestaglie. Ancora i boxer, le canottiere e i mutandoni ‘da sotto’ di una volta, fino ai moderni boxer ‘no-gender’, adatti a lei o a lui indifferentemente, alla biancheria intima sportiva e quella da gravidanza e allattamento, quella che trattiene il calore o che non fa sudare, frutto di tessuti hi-tech e trame miste. La lingerie, profondamente legata alla moda e alla società di ogni secolo, la dice lunga su come e quanto si sia sempre tenuto moltissimo all’aspetto estetico del ‘sotto’. Se le femministe oltre 40 anni fa bruciavano i reggipetti, in segno di protesta, oggi si allunga l’elenco delle celebrities che si recano ai party dimenticando perfino le mutandine, abitudine resa famosa da una giovanissima Britney Spears, che svelò tutta se stessa scendendo dalla macchina di Paris Hilton senza slip, nel lontano 2006.
È invece dello scorso anno la sfilata con solo una foglia di fico cucita a livello delle parti intime, di Vivienne Westwood. Il fronte del ‘no lingerie’ avanza, anche supportato da studi che metterebbero in dubbio l’utilità di reggipetti e ferretti nel mantenere un seno più giovane negli anni. Una recente ricerca francese dell’Università di Besancon, che per 16 anni ha studiato i seni di 330 donne, dimostra che i muscoli sostenuti dal reggipetto invecchiano prima. Di pari passo però aumenta l’esercito degli amanti della biancheria intima, che gode di ottima salute e fatturati da capogiro. Ha fatto tendenza e creato un mercato il selfie, postato su Instagram, dal personaggio tv Kim Kardashian, mentre in palestra, indossa un corsetto a effetto dimagrante, svelando il segreto delle sue forme. Un indumento ottocentesco, come i busti e le pancere che, prima della nascita dei reggipetti, le donne mettevano per ottenere gli ambiti ‘petto in avanti e vitino di vespa’. Le pellicole sono piene di testimonianze, una fra tutte miss Rossella O’Hara in Via col vento, mentre si infila un busto esageratamente stretto, allacciato grazie all’aiuto dell’energica cameriera Mami.
Seppure i corsetti non siano affatto tramontati, la nascita del primo reggipetto nel 1909 ha segnato una svolta definitiva. Fu lo stilista francese Paul Poiret che, in una collezione rivoluzionaria per l’epoca, eliminò per primo i busti, sostituendoli con reggiseni dotati di ampie fasce elastiche, incrociate sulla schiena. Il reggipetto push-up, esposto a Londra, è datato 1990. Da allora è divenuto difficile trovarne senza imbottiture, ma la mania di sollevare, separare ed esagerare alcune forme anatomiche, con l’aiuto della biancheria intima non è solo femminile. La mostra londinese riconosce, all’azienda australiana AussieBum, il primato di avere inaugurato lo scorso anno l’effetto push-up anche per lui, con i primi slip e costumi in grado di ingrandire gli attributi, grazie a cuciture e tessuti sovrapposti in punti strategici. In mostra anche straordinarie mutandine femminili ultra lussuose, risalenti al 1930, fatte di seta di chiffon, decorate di pizzo con scene di caccia, frutto di competenze di artigiani dell’epoca. La mostra, sponsorizzata da Agent Provocateur e Revlon, non trascura nulla di ciò che si indossa e si è indossato intimamente, ma che non si vuole tenere davvero nascosto.