“Per me un film nasce da un’immagine – dice Marco Bellocchio -. Il regista di matrimoni è nato per un’immagine casuale sulla spiaggia di Scilla in Calabria. Seduto sulla sabbia, mi colpì l’obbedienza di una coppia di giovani sposi mentre erano filmati, facevano tutto ciò che il regista gli chiedeva. Senza domande, come gli attori professionisti. Come se per loro la vita fosse già tutta preordinata, e il doppio sì davanti al sacerdote o all’ufficiale di stato civile, fosse una resa definitiva, incondizionata. Come se entrassero col matrimonio nel mondo obbediente e razionale dei padri, e dei padri dei padri, che prima di loro si erano sposati”. Il film del 2006 racconta di un regista, Franco Elica (Sergio Castellitto), che entra in crisi perché la figlia ha sposato un fervente cattolico e perché è costretto suo malgrado a girare l’ennesima versione de I Promessi Sposi. Alla crisi si aggiunge un evento inaspettato, così decide di fuggire in un paesino della Sicilia profonda.
Qui incontra un uomo che si guadagna da vivere girando filmini di matrimoni e un regista che si spaccia per morto, per ottenere finalmente il riconoscimento mai avuto in vita. Qui conosce anche il principe Ferdinando Gravina di Palagonia (Sami Frey), un nobile spiantato, che gli propone di dirigere il film del matrimonio di sua figlia, Bona (Donatella Finocchiaro). Ma Franco si innamora della bellissima principessa, pronta a un matrimonio di convenienza. Questa passione lo guiderà – come Teseo nel labirinto – alla salvezza di Bona, evitandogli pericoli anche mortali che troverà disseminati sulla sua strada. “Ma poiché non è un eroe nato, sbanderà spesso in questo pericoloso percorso e quasi volontariamente, come se avesse paura di vincere, di conquistare la donna amata e di essere felice con lei – racconta l’autore -. A un passo dalla vittoria rischierà di perdere tutto, come se sbagliasse apposta per rimandarla continuamente. Questa potenza intermittente, interrotta da vuoti mentali, viltà, fughe improvvise quando è a una passo dal successo, sono il movimento, quasi l’immagine di base del film”.
“La continua alternanza di felicità piena e sua immediata negazione, di trasposto pieno e completo irrigidimento, che fa pensare all’atto sessuale, che tendendo naturalmente all’orgasmo (inteso anche come perdita di coscienza), è continuamente minacciato e aggredito, proprio dalla coscienza, che ha paura di perdersi, di non svegliarsi più – spiega Bellocchio -. Questa forse è la vera immagine da cui sono partito. La conquista finale di una donna, la prima vera conquista di Franco Elica, con cui finisce il film, è anche un messaggio di sincero incoraggiamento. La conquista di Elica avviene in una Sicilia immaginaria, forse scelta per quell’azzurro speciale del mare (o forse perché in Sicilia qualcosa di arcaico, mitologico c’è ancora). Eppure, anche se il film è pieno di esterni, solari o notturni, di mare, di cielo, di paesaggi sconfinati, di totali, il film è stato girato come in interno, dall’interno, dal buio verso la luce”.